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LO SPAZIO-EVENTO
DEI FLUSSI |
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Non c’è
architettura senza evento, non c’è architettura senza azione,
senza attività, senza funzione. Ho sempre considerato l’architettura
come una combinazione di spazio, eventi, movimento,
al di fuori da gerarchie o precedenze.
B.TSCHUMI, 1996
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Acrilico su stampa
digitale su tela KARIN ANDERSEN |
Spazio-evento-movimento.
Con l’introduzione del movimento – e dunque del
paradigma tempo - nella riflessione sul moderno Tschumi
scardina la vecchia triade vitruviana che ravvisava in
firmitas-utilitas-venustas i modelli cui la costruzione
della città doveva tendere, ratificando un cambiamento
che di fatto in Occidente era già avvenuto in tutte le
discipline ed i settori della vita pratica con l’avvento
della società industriale: l’organizzazione scientifica
del lavoro, la necessità della precisione nella
scansione degli orari, l’accresciuta mobilità, infatti,
rispondono ad esigenze di efficienza e produttività da
soddisfare in tempi sempre più brevi e veloci.
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Le modificazioni del
paesaggio in passato erano lente, erano rapportate al
ritmo dell’intervento manuale, paziente, prolungato nel
tempo e quindi facilmente assorbibili
sia dalla natura che dagli uomini: l’elemento nuovo gradualmente si inseriva nel quadro
psicologico della gente. Ma quando l’inserimento, come è accaduto negli ultimi
decenni, rapido, violento, l’assorbimento avviene con difficoltà o è rimandato alla successiva generazione.
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(E. TURRI, 1998)
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Foto DANILO COGNIGNI
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Il paesaggio, la cui
identità e tipicità si fonda sulle due dimensioni
fondamentali del tempo e dello spazio, subisce
trasformazioni irreversibili, dovute all’impatto che su
di esso produce la velocità dell’evoluzione dei tempi
storico-culturali: quelli che, infatti, erano i tempi
lunghi dell’organizzazione della geografia, i quali, ad
esempio, avevano dato vita al “bel paesaggio” agrario
italiano, che si esprimeva nell’equilibrio secolare tra
ager e saltus, tra permanenza di segni antichi (come la
centuriazione, ad esempio) e organizzazione della
struttura agraria, sono sottoposti ad un’improvvisa
accelerazione ad opera, innanzitutto, del mutato
ambiente immateriale, e cioè socio-economico e politico,
generando importanti ripercussioni sul paesaggio. La
prima sugli aspetti fisiografici, sulla struttura del
territorio. |
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Se c'è una storia del
camminare, allora deve anche arrivare al punto dove la
strada si disintegra, al luogo dove non esiste spazio
pubblico e il paesaggio viene pavimentato, il tempo
libero si accorcia ed è schiacciato dal peso dell'ansia
che produce, i corpi non vivono nel mondo, ma solo in un
interno di auto e di edifici, e un'apoteosi di velocità
fa apparire quei corpi anacronistici o deboli. In questo
contesto, camminare è una deviazione sovversiva, è la
strada panoramica che attraversa un paesaggio
semi abbandonato di idee e di esperienze.
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R. SOLNIT, 2002
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Il tema della velocità
nell’ambito della riflessione architettonica ed
urbanistica può acquisire diverse declinazioni di senso:
una di queste concerne l’analisi cinetica nella
fruizione dello spazio e la conseguente percezione dello
stesso, che varia in relazione alla velocità usata. Una
cosa è un paesaggio vissuto attraverso i finestrini di
un’auto in corsa, altra in bicicletta. |
Foto DANILO COGNIGNI
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Forse quella attuale
potrebbe essere considerata l’epoca dello spazio. Viviamo nell’epoca della giustapposizione, nell’epoca
del vicino e del lontano, del fianco a fianco e del
disperso. Viviamo in un momento in cui il mondo si sperimenta,
credo, più come grande percorso che si sviluppa nel
tempo, come un reticolo che incrocia dei punti e che
intreccia la sua matassa. |
M. FOUCAULT, 1985
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Il geroglifico egiziano
che rappresentava la città era costituito da una croce
inscritta in un cerchio, simbolo dell’incrocio delle
strade principali racchiuse nel perimetro urbano. In
epoca contemporanea quell'icona perde la chiarezza
cartesiana del contorno: la città si espande alla
conquista della campagna e ciò che rimane sono solamente
gli assi, simbolo di accessibilità e connessione.
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Foto DANIELE
MAURIZI |
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