aveva
già portato, a fine anni ’80, a livelli impensabili la
complessità dei circuiti integrati con conseguente
aumento delle funzioni per cm2.
La miniaturizzazione della componentistica (SMD) aveva
come conseguenza costretto i produttori di circuiti
stampati nudi a dovere realizzare schede sempre più
complesse con piste e punti terminali (pad) sempre più
piccole (100 micrometri e 200 micrometri
rispettivamente). Il collaudo elettrico delle schede nude veniva allora
fatto esclusivamente utilizzando sistemi meccanici a
pressa, che grazie ad un adattatore (fixture) consentiva
di contattare (tramite pins rigidi) tutti i punti
terminali delle poligonali che costituivano il circuito
stampato stesso e quindi di verificare la rispondenza
del circuito al progetto originale. Già allora i produttori di macchine di collaudo si
resero conto che il collaudo a mezzo fixtures non
avrebbe potuto consentire un collaudo
efficace/efficiente dei circuiti stampati di li a
venire, principalmente per i seguenti motivi:
• economico: il numero di punti attivi necessari nelle
macchine di collaudo (parte elettronica) sarebbe
cresciuto in modo esponenziale e di conseguenza i costi
delle macchine stesse (doppia e quadrupla densità). • Time to Market: i tempi di realizzazione di una
fixture (adattatore), necessaria al collaudo di un
circuito complesso, sarebbero diventati lunghi (non più
ore ma giorni). • saldabilità: la contattazione di pads di piccole
dimensioni con un chiodo rigido (pin) lasciava una
impronta che causava problemi di saldabilità dei
componenti (inaccettabile per il cliente finale).
Ecco allora che dalla ricerca di metodi di collaudo
alternativi/complementari nei primi anni ’90 apparivano
sul mercato i primi sistemi di collaudo a sonde mobili. Le prime macchine erano decisamente lente (circa 4/5
test/sec.) e quindi adatte ai soli produttori di
circuiti stampati che realizzavano prototipi per i loro
clienti. |