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Dopo quasi cinque anni di navigazione, anzi come pensava senza esternare, dopo cinque anni alla deriva, s’era abituato a quell’accennato caracollare che talvolta pareva volesse innescare qualche movimento degno di maggiore preoccupazione.Neppure un led, per solito, rilevava l’accaduto, forse alcune spie dalla luce gialla parevano tremolare per una frazione di secondo, più per qualche istantaneo calo tensionale del segmento di rete, che non altro. Dirigeva allora lo sguardo verso la piccola biblioteca che aveva ricavato in una nicchia posteriore dell’area di comando. Lì manuali tecnici contendevano il posto a opere di letteratura, sopratutto classica, e filosofia, che col passare del tempo erano andate a incrementare il proprio spazio a discapito delle prime. Malgrado l’apparente anarchia che la disposizione tematica aveva finito per assumere, i singoli volumi, come oggetti, mantenevano un assoluto e rigoroso ordine geometrico. Nonostante l’adozione della doppia carlinga coassiale, che permetteva di riprodurre negli ambienti stabiliti, e particolarmente in quelli riproducenti i bio-tipi terrestri, una quasi “naturale” gravità, si cercava comunque di tenere sotto controllo l’ancoraggio degli oggetti, soprattutto quelli di dimensione ridotta, che in caso di emergenza o carenze della “correzione”, avrebbero potuto creare problemi non prevedibili, disperdendosi senza controllo.
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I suoi più intimi
pensieri se ne andavano ormai disgiunti dalla
presente realtà di quel remoto microcosmo. Gli
capitava allora di ritrovarsi sempre più
frequentemente in quella disposizione d’animo,
allorché attraversando l’ovale che separava la
sezione più remota dal corpo principale, e
immettendosi nell’immensa coda, agganciata al di là
delle residenze, si inoltrava lungo i corridoi che
portavano agli spazi dedicati ai laboratori e ai
bio-ambienti, viventi testimo-nianze della patria
Terra, “invisibile” ormai a qualsiasi rilevazione
strumentale.Da quando erano partiti,
nell’esperimento che portava a stabilire un nuovo
record di permanenza e navigazione nello spazio, la
Terra era ormai diventata un riferimento puramente
virtuale. La navigazione e l’intero sistema di
rilevamento e controllo erano garantiti da un treno
di navi-celle lanciate con una cadenza di sei mesi
una dall’altra a seguire la grande nave, custode di
un equipaggio di trenta unità, equamente ripartite
tra uomini e donne. La comunicazione, ridotta alle
strette necessità relative alla navigazione,
transitava dalla astronave alla Terra, passando su
quei successivi “ponti radio”, veri e propri piloni
di un inalienabile cordone ombelicale. Ancora poco
più di un anno, e avrebbero dovuto raggiungere la
Boa di Harkesh, punto radio periferico dell’immensa
area del Mardesnudo. |
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IRENE CANOVARI, Gambe,
1996 |
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Le altre immagini |
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